mercoledì 25 febbraio 2009

CHAPTER 4: La terra del Rostro

Metà Marzo 2001, appena trenta giorni dal momento più bello – fino ad ora... - della mia vita.
Sapevo che agli inizi di Aprile mia moglie finiva il tempo della gravidanza, e che quindi entro i primi dieci giorni del mese sarebbe nato il piccolo Bovini.

Motivo dominante: imperativo che mio figlio nascesse in terra Senese.
Problema principale: trovare la terra.
Infatti in quei giorni (tanto per usare una frase biblica...) ero superimpegnato in un incarico di supporto ad indagini geologiche vicino Foligno e, come tutti gli incarichi che ti danno, bisognava consegnare in breve tempo le relazioni, gli elaborati e quant'altro richiesto. Tanto più che le condizioni meteo dell'ultimo mese avevano ritardato le indagini sul campo. Accidenti, non avevo neanche una mattinata per andare a Siena a prendere una palata di terra ....

Parlando casualmente con i miei genitori qualche giorno dopo, vengo a sapere che avevano programmato un'uscita in “Terra Paliesca” per il sabato seguente. Bingo ! Era fatta ! Organizzai puntualmente la logistica, riassunta come segue:

1.dove andare: giardino della Società “il Rostro”, azione preceduta da contatto presso il negozio di frutta e verdura del “Principe” Marchetti.
2.cosa prendere: una bustata di terra dalle aiuole presenti.
3.cosa dire in caso di domande da eventuali persone presenti (anzi, mi ricordo che a livello preventivo diedi puntuali informazioni su come presentarsi “in punta di piedi” e cosa chiedere - con il massimo rispetto - spiegando quella determinata “missione” da me commissionata.).
4. riferimenti topografici di base: tracciai una puntuale cartografia dal parcheggio in Fontanella fino al vicolo del Verchione, curando i riferimenti di base: Duomo, negozio del Principe, bar Quattro Cantoni, Giardino del Rostro, via di Stalloreggi debitamente barrata ... con una “x” !

Dopo aver ripassato il “piano” fino alla noia, arriva il giorno della partenza. Siccome per quel sabato i miei genitori avevano vari obiettivi per Siena e dintorni, essi decisero di dedicare la mattinata alla “terra del Rostro”, per poi proseguire il loro giro in giornata.

Grazie alla cartina particolareggiata (che , peraltro, dovrei conservare ancora da qualche parte) il primo “step” fu brevemente raggiunto, con conseguente positivo contatto col Principe (che, peraltro, diede ai miei genitori non solo il permeso della “missione” nel Rostro, ma anche una bottiglia di buon rosso accompagnata dalla frase “...prendete questo, che a Sergio gli piace sicuramente...”).

Conseguentemente anche il secondo step riuscì bene, con tanto di pala e piccone forniti direttamente dai presenti (i miei genitori non mi seppero dire i nomi, ma ricordo che tutti si meravigliarono dell'obiettivo della mia missione “commissionata”).
Obiettivo raggiunto. Finalmente il “background Senese” dove far nascere Edoardo era pronto !

Ora si trattava di organizzare al meglio la collocazione in sala parto, ma era decisamente un problema mio, in quanto avevo già manifestato di entrare ed assistere alla nascita di mio figlio; decisi così di preparare un “sacchetto” ermeticamente chiuso che avrei poi collocato dentro una tasca laterale dei miei pantaloni, in modo che al momento della nascita di Edo sarebbe direttamente passato sopra alla stessa, prima di venire in braccio a me.

Teoricamente il “piano” non faceva una grinza, bisognava comunque fare i conti con una serie di criticità che andavano dal non far vedere il sacchetto (avrebbe creato problemi nell'ambiente “asettico” della sala parto), finanche alla mia collocazione rispetto all' “uscita” di Edoardo. Una volta risolto il problema dell'occultamento (il sacchetto entrava bene in una tasca laterale posta sulla coscia destra del paio di pantaloni all'uopo progettato), decisi che riguardo alla mia posizione in sala parto avrei improvvisato lì per lì, cercando di trovare l'ubicazione migliore, in modo che Edo - dopo l' “uscita” - fosse passato subito sopra alla Terra del Rostro.

7 Aprile ore 19:30, a casa.

Con Paola decidiamo di farci uno spaghettino piccante, sia perché avevamo una fame boia, sia perché eravamo convinti che il piccantino favorisse il parto (...), oramai che il tempo stava per finire. Dal bagno sento chiamarmi; Paola aveva rotto il sacco (o meglio “le acque” come si dice più frequentemente.).
Immediatamente parte il “piano rosso”: prendo i borsoni già pronti da qualche giorno, do una botta di cencio al bagno, carico la puerpera in auto e mi dirigo all'Ospedale.
A quel tempo a Foligno c'era ancora “l'Ospedale vecchio”, posto in centro e quindi con enormi problemi di parcheggio nelle immediate vicinanze. Avevo pertanto scritto un cartello “RICOVERO URGENTE OSTETRICIA” (che peraltro è riscappato fuori l'altro ieri...) da apporre sul lunotto della Clio di Paola nell'immediato, poi sarei andato a spostarla una volta sistemata in camera la puerpera.

Pioveva che Dio la mandava, non si vedeva una mazza, i tergicristalli facevano fatica a smaltire gli apporti meteorici che – a quanto pareva – si concentrarono tutti nel tragitto casa-ospedale. Pensai alle frane da poco studiate, sperando che non fossero venute giù quella notte (in tal caso mi toccava rifà il lavoro consegnato appena il giorno prima ...).
Ricovero tranquillo, in camera non c'erano altre puerpere (ciò favorì in modo deterniante la tranquillità dell'attesa, il mio riposo – in quanto occupai il letto vicino a Paola – nonché i miei bisogni fisiologici fortemente controllati dallo stress dell'attesa – in quanto andai sulla tazza circa 20 volte in una notte... -).

La notte, tra un tiro di sciacquone ed un altro, passa tranquillamente; a quanto pareva Edoardino non voleva saperne di uscire, forse perchè attendeva un miglioramento delle condizioni climatiche, dato che nel frattempo si era fatto freddino...




8 Aprile, ore 23:40

finalmente entriamo in sala parto (dopo più di 24 ore di travaglio pressoché tranquillo); non vi descrivo l'emozione che il papà prova quando ti vestono col camice verde, ti danno i soprascarpe in tessuto-non-tessuto e la mascherina. Io ero abbastanza lucido, a parte un tonfo promesso al ginecologo incapace che ammetteva di non poter spingere causa trauma subito (io gli dissi “...se non spingi, ora il trauma te lo fo' io, ti do' un trombone tra capo e collo....”); forunatamente il ginecologo che seguiva Paola era reperibile e stava già lì, al posto di quel bradipo “miracolato” dalle mie ire manesche.
Ci siamo, dopo qualche spinta esce Edo, io strillo “eccolo l'Aquilino nostro...!!!!!”, me lo danno in braccio e puntualmente lo metto sopra alla Terra del Rostro.

Poi il rituale del bagnetto, ecc....., ma ormai il mio obiettivo era bello che centrato: mio figlio è nato nella terra della Contrada e presto, pensai, sarà battezzato anche lui ! Che emozione sarà vederlo con il proprio fazzoletto giallo .... Ma questa è un'altra storia che vi racconterò nel prossimo capitolo.

Una sola cosa ricordo ancora: l'ostetrica mi incontra nel corridoio e mi dice: “scusi, mi tolga una curiosità” io: “prego, mi dica” lei “ma perchè quando è nato suo figlio lei ha detto ecco l'aquilino invece che l'aquilotto ?” io rispondo più o meno garbatamente “andiamo a pigliacci un caffè che te lo spiego ....”.

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